IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al n. 365/1999 R.G., rimessa a decisione del 21 gennaio 2000 e vertente tra Forniture industriali S.r.l. in persona del legale rappresentante Montefusco Angela corrente in Treglio, Montefusco Angela Rita, e Geniola Paolo, elettivamente domiciliati in Lanciano presso lo studio dell'avv. Giovanni Osvaldo Piccirilli dal quale sono rappresentati e difesi in virtu' di mandato a margine dell'atto di citazione, attori. Contro Banca Popolare di Lanciano e Sulmona, con sede in Lanciano, in persona del vice presidente del consiglio di amministrazione avv. Aldo La Morgia rappresentata e difesa dagli avvocati Raffaello Carinci e Elena Cespa, elettivamente domiciliati presso gli stessi in Lanciano, come da mandato a margine della comparsa di costituzione, convenuta. Oggetto: dichiarazione di nullita' o annullabilita' delle norme regolanti il c/c n. 54951 con restituzione di somme indebitamente pagate. Conclusioni L'avv. O. Piccirilli per gli attori, cosi' conclude: sia della giustizia del tribunale di Lanciano, eccezioni e domande contrarie disattese, dichiarare la nullita' o annullabilita' o quantomeno la inefficacia o inapplicabilita' delle norme regolanti i conti correnti di corrispondenza predisposti dalla Banca Popolare di Lanciano e Sulmona S.p.a. con i quali sono stati regolati i rapporti di dare e avere relativi al conto corrente n. 54951 acceso dalla Forniture Industriali S.a.s. ora S.r.l. per cui e' causa ed in particolare dichiarare che per i rapporti intercorsi tra le parti relativi al conto corrente n. 54951, anche in dipendenza delle operazioni relative ai conti correnti n. 129351 e 3148, erano dovuti dal correntista e dai fideiussori in favore della banca convenuta solo gli interessi legali di legge; dichiarare nel contempo che per tutte le operazioni intercorse tra gli attori e la Banca Popolare di Lanciano e Sulmona S.p.a. e per tutti e tre i conti correnti citati non era ammissibile nessun tipo di capitalizzazione degli interessi trimestrali; dichiarare altresi' che gli attori non erano tenuti al pagamento delle commissioni di massimo scoperto e che la valuta degli assegni tratti dalla societa' attrice-correntista dovevano decorrere dalla data di effettivo pagamento degli stessi e non da quella di emissione, dichiarare altresi' che gli attori non hanno effettuato nessun riconoscimento di debito in favore della B.L.S. S.p.a. e che le cambiali sottoscritte dagli attori in favore della B.L.S. S.p.a. del pari non costituiscono riconoscimenti di debito e che in ogni caso i presunti riconoscimenti di debito e le cambiali sottoscritte dagli attori e poi incassate dalla B.L.S. S.p.a. sono viziati da errore e che essi, ove configuranti un riconoscimento di debito, devono essere travolti dalla nullita' e annullabilita' antecedente per illiceita' e indeterminatezza, nonche' per mancato consenso sia verbale che per iscritto per quanto riguarda gli interessi applicati, la capitalizzazione trimestrale, la commissione di massimo scoperto e la valuta degli assegni, con ogni provvedimento conseguenziale ritenuto opportuno. Per l'effetto, e in applicazione delle richieste sopra indicate (interessi debitori al tasso legale, divieto di capitalizzazione degli interessi, divieto delle commissioni di massimo scoperto e valuta degli assegni dalla data del pagamento, illecito incasso delle cambiali rilasciate a firma degli attori). Voglia il tribunale di Lanciano dichiarare che gli attori nulla devono alla Banca Popolare di Lanciano e Sulmona S.p.a. e che in ogni caso non sono dovute dagli attori alla societa' convenuta L. 68.132.441, come indicato nell'estratto conto del 31 marzo 1999. Voglia, infine, il tribunale di Lanciano, sempre in virtu' dei principi sopra indicati (interessi legali debitori al tasso legale, divieto di capitalizzazione degli stessi, divieto delle commissioni di massimo scoperto, valuta degli assegni dalla data di pagamento, illecito incasso delle cambiali a firma degli attori rilasciate in favore della B.L.S. S.p.a. condannare la Banca Popolare di Lanciano e Sulmona S.p.a. in persona del legale rappresentante, corrente in Lanciano, viale Cappuccini n. 76 al pagamento in favore degli attori delle somme indebitamente richieste e trattenute, ivi compreso quanto pagato dagli attori con cambiali, il cui ammontare sara' determinato in corso di causa a seguito di c.t.u. con interessi legali dal dovuto al soddisfo. Con vittoria di spese e competenze di causa, da distrarre in favore del sottoscritto procuratore antistatario. L'avv. Raffaello Carinci per la Banca Popolare di Lanciano e Sulmona conclude perche' il tribunale adito voglia: preliminarmente, ritenuta la nullita' della citazione per indeterminatezza della causa pretendi, fissare agli attori, ex art. 164 quinto comma c.p.c., il termine perentorio per l'integrazione della domanda; nel merito comunque rigettare le domande tutte proposte nei confronti di essa banca e, in accoglimento della domanda riconvenzionale, condannare gli attori (la S.r.l. Forniture Industriali quale debitrice principale, i signori Montefusco Angela Rita e Geniola Paolo quali fideiussori solidali) al pagamento in solido della somma di L. 71.582.862, quale saldo debitore del c/c 54951 al 29 aprile 1999, oltre ad interessi al tasso convenzionale di mora del 12,50% successivi a tale data e fino al saldo; condannare gli attori al pagamento delle spese e delle competenze di causa. F a t t o Con atto notificato il 27 aprile 1999 le Forniture industriali S.r.l. in persona del legale rappresentante e Montefusco Angela Rita e Geniola Paolo adivano il tribunale di Lanciano per ottenere la dichiarazione di nullita', annullabilita', di inefficacia o di inapplicabilita' delle norme regolanti il conto corrente n. 54951 ed altri accesi presso la Banca Popolare di Lanciano e Sulmona S.p.a. con sede in Lanciano con relazione: a) agli interessi convenzionali applicati dalla B.P.L.S. per indeterminatezza derivante dal riferimento agli "usi di piazza"; b) alla capitalizzazione trimestrale degli interessi non basata su un uso normativo e contraria al disposto di cui all'art. 1283 c.c.; c) al tasso debitore per commissione di massimo scoperto, pure per indeterminatezza; d) al computo della data di valuta degli assegni che doveva essere fatto risalire alla data di pagamento e non di emissione. Resisteva in giudizio la banca convenuta sostenendo l'esattezza del saldo debitore del c/c e l'infondatezza dei rilievi delle parti attrici ed, in via riconvenzionale, ne chiedeva la condanna al pagamento. Ritiene il giudicante di non poter adottare la decisione con riferimento alla questione riportata sopra al capo b) per effetto dell'art. 25, comma 3 d.lgs. 23 luglio 1999, che ha sancito la legittimita' della clausola della capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori per i rapporti pregressi dovendo proporre, in via incidentale, la questione di legittimita' costituzionale di tale norma. D i r i t t o Va premesso che, dopo che la Cassazione ha mutato il proprio orientamento, negando l'esistenza di un uso normativo nel campo dell'anatocismo bancario ( V. Cass. 18 marzo 1999, n. 2374 e 30 marzo 1999, n. 3096), e' stato emanato nell'agosto 1999 un decreto legislativo contenente modifiche al testo unico in materia bancaria e creditizia. L'art. 25 di detto decreto, pur essendosi adeguato nel comma secondo ai principi giuridici stabiliti dalla suprema Corte, nel comma successivo ha previsto una sorta di sanatoria per tutte le pattuizioni intervenute tra clientela e banche anteriormente all'entrata in vigore della delibera del C.I.C.R. Stupisce all'operatore di diritto l'affermazione ex lege di validita' ed efficacia delle vecchie clausole che si risolve in un estremo ripescaggio di situazioni ormai compromesse. Non ci sarebbe stato nulla da obiettare se il legislatore si fosse limitato a dettare una nuova regola attinente ad un requisito del contratto, a prescindere dalla sussistenza o meno della fonte normativa, ma di certo appare arbitrario travolgere gli obblighi gia' sorti in base alla normativa precedente: in sintesi ha dichiarato valide convenzioni che, vagliate alla luce del diritto vigente attualmente ed all'epoca, sono da considerarsi nulle. Passando ora piu' strettamente ai profili di illegittimita' di tale normativa, si comprende appieno come la stessa violi il principio dell'irretroattivita' della legge, ( art. 3 della Costituzione e 11 delle disposizioni sulla legge in generale) e della riserva delle funzioni giurisdizionali al potere giudiziario (artt. 24 e 104 della Costituzione). Il precetto legislativo non e' caratterizzato da generalita' ed astrattezza, ma mira specificamente ad incidere su fattispecie oggetto di giudizi pendenti, ma a prescindere da cio' esso ha senz'altro carattere innovativo ed al tempo stesso efficacia retroattiva, il che non e' consentito nel nostro ordinamento. Tale norma non puo' essere considerata di natura interpretativa poiche' difettano i presupposti enucleati dalla giurisprudenza costituzionale, cioe' di chiarire il senso di norme preesistenti, di imporre una interpretazione compatibile con il tenore letterale della norma od anche eliminare incertezze interpretative o conflitti giurisprudenziali. Esclusa quindi la possibilita' che la retroattivita' della norma possa scaturire dalla sua natura emerge in pieno la sua irragionevolezza per violazione del principio di eguaglianza (art. 3 della Costituzione) in quanto la norma generale dell'art. 1283 c.c. sarebbe derogata ingiustificatamente da una disciplina particolare in favore di determinati soggetti (istituti di credito) ed in danno dei contraenti deboli e cio' non e' conforme al nostro ordinamento giuridico impostato sul principio della gerarchia delle fonti. Passando all'eccesso di delega e' particolarmente evidente che ne' nella legge delega, n. 142 del 18 febbraio 1992 ne' nella direttiva comunitaria di riferimento (n. 464/1989) e' rinvenibile un principio che possa ricondursi alla disciplina dei smgoli contratti bancari e segnatamente alle modalita' di calcolo degli interessi; pertanto anche sotto tale profilo va denunciata la incostituzionalita' della soprarichiamata norma. Rilevanza Premesso che il giudicante aderisce alle argomentazioni adottate recentemente dalla suprema Corte (v. da ultimo Cass. sez. I, 11 novembre 1999 n. 12507) secondo la quale la clausola contrattuale bancaria viene a porsi in contrasto con l'art. 1283 c.c. imponendo una capitalizzazione trimestrale anteriore alla scadenza degli interessi senza la copertura di un uso normativo, ne consegue anche la incidenza della normativa sospettata di incostituzionalita' (art. 25, comma 3 d.lgs. 4 agosto 1999, n. 342), che ha affermato la validita' e l'efficacia delle clausole sull'anatocismo trimestrale contenute nei contratti di conto corrente stipulati in passato. sulla fattispecie dedotta nel presente giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, ai fini della decisione sull'eccezione di nullita' della clausola contrattuale che prevede la capitalizzazione trimestrale degli interessi e quindi della esatta determinazione di essi. Va altresi' rilevato che l'atto pubblico del 14 febbraio 1994 stipulato tra la B.P.L.S. e la Forniture Industriali S.a.s., avente ad oggetto "consenso ad iscrivere ipoteca volontaria" non puo' valere come riconoscimento del debito ai sensi dell'art. 1988 c.c. non solo per il difetto della unilateralita', quanto piuttosto perche' esso e' ricognitivo del profilo meramente contabile, ma non e' destinato ad incidere sulla validita' ed efficacia dei rapporti obbligatori a monte del consuntivo (Cass. 11 marzo 1996 n. 1978). Per l'incertezza sulle somme dovute al creditore opposto si giustifica anche il rigetto della istanza di ingiunzione ex art. 186-ter c.p.c. .